Introduzione al genere romanzesco

Modulo introduttivo: Introduzione al genere romanzesco.

1. Letteratura e testo

Letteratura come forma speciale di comunicazione; situazione co muni cativa che condiziona il messaggio; mittente, destinatario, codice, messaggio.

Per ‘codice’ bisogna intendere ovviamente un complesso di codici più o meno correlati tra loro: linguistico, retorico, stilistico, di genere ecc.

Letteratura come sistema di testi letterari: gruppo di elementi resi omogenei da alcune qualità o relazioni (di causa, effetto ecc.) in co mune. Difficoltà di trovare le relazioni determinanti = difficoltà di redi gere un panorama o storia letterari.

Il testo letterario come fenomeno di comunicazione a senso unico.

Il testo come risultato di consapevole creazione artistica (lat. “tex tus”) che si autonomizza dall’autore al momento della fissazione scritta.

Mancanza di mezzi di comunicazione paralinguistici (che vengono però suppliti da altri condizionamenti: mode, generi, ecc.)

Tuttavia il testo letterario è spesso preparato, commentato da ele menti che Gerard Genette definisce paratestuali: sono titolo, epigrafe, prefazione, note, commento (che si trovano fisicamente attorno al testo: peritesto) e anche recensioni, conferenze, interviste con l’autore (che si trovano fuori o dopo il testo: epitesto).

Nessun testo letterario esiste isolato: sempre si colloca in un genere, si staglia su uno sfondo culturale, talvolta si appoggia a una moda o a un evento storico(biografico).

Il testo letterario si differenzia da altri testi comunicativi per la prevalenza della funzione poetica (messaggio in sé, non tanto nel conte nuto, quanto nella formadella sua articolazione specifica) su quella emo tiva (mittente) e su quella conativa (destinatario): es. Ode 5 Maggio.

Ridondanza della comunicazione letteraria rispetto a quella extraletteraria.

Anche in questo caso il messaggio letterario tende però ad autonomizzarsi, svincolandosi dalla situazione comunicativa originale.

Ma il testo senza lettore è nullo: recezione (da parte del lettore), ef fetto (da parte del testo).

2. Il testo letterario come testo finzionale

Peculiarità della narrazione è mettere in primo piano l’interpreta zione che un narratore dà della realtà, ovvero il rapporto in cui egli si colloca rispetto alla realtà, il che significa che l’autore presenta una realtà alter nativa, in parte non coincidente con quella esperibile (nel caso del ro manzo è utile lavorare con il concetto modello di mondo).

La realtà descritta da un osservatore non coincide mai con quella esperibile da un altro: questione di punto di vista. Gli antichi avevano ben compreso che “narrativa” e “oratoria” (politica, giudiziaria) sono fenomeni legati dalla questione di imporre il proprio punto di vista per cui importanza della retorica. Ancor oggi diciamo che un film, un libro ci coinvolgono o trascinano.

Il testo letterario si distingue da quello storico, giuridico, giornali stico, manualistico proprio per il fatto di presentare qualcosa di volutamente fittizio, di non completamente coincidente con la realtà esperibile (mentre per es. un manuale sulla guida dell’automobile dovrebbe mantenersi il più ade rente possibile alla realtà esperibile).

Esiste in proposito una specie di patto tra lettore e narratore, il primo ac cetta per vere le affermazioni del narratore, sottopone a giudizio quelle dei personaggi. Soprattutto il narratore onnisciente dispone di una “auto rità di autentificazione” (Beglaubigungsfunktion des allwissenden Erzählers).

Le infrazioni alla verità sono giustificate dall’obiettivo primo del po eta: farsi ascoltare. Rientrano nei mezzi per captare l’attenzione del pubblico.

Tuttavia la normativa dei generi letterari codifica la misura e il tipo di in frazioni al possibile (cfr. fiaba, poema epico, romanzo ecc.). Le no vità sono di combinazione anzi che di creazione.

D’altro canto si è ormai statuito che la funzione della letteratura consiste nell’intrattenimento e/o nell’insegnamento (“aut delectare aut prodesse”, poi divenuto “et delectare et prodesse”).

La prima funzione soddisfa evidentemente il bisogno umano di gio care con la realtà (il gioco intellettuale, di pensare una realtà ‘diversa’): affabulazione.

La seconda potrebbe consistere nel porre un mondo finzionale, implicitamente o esplicitamente, a confronto con quello esperibile, inducendo il lettore a soffermarsi su quegli aspetti del primo che non coincidono con quelli dell’altro. (Nota: meglio parlare di ‘realtà esperibile’ che di ‘realtà’ tout court o di ‘realtà concreta’)

Nel caso prevalga la prima funzione abbiamo la cosiddetta letteratura d’intrattenimento, nel caso prevalga la seconda la letteratura didattica. Ma la distinzione è raramente così netta: la letteratura espressamente d’in trattenimento esiste in Europa solo a partire dalla fine del XVIII se colo.

Le due funzioni sono inscindibili proprio perché la finzione letteraria ci presenta (anche nel caso della fantascienza, della fiaba e dell’horror) dei mondi ‘possibili’, ricavati da quello esperibile e con solo pochi tratti di versi. In primo luogo perché è biologicamente impossibile alla mente umana escogitare qualcosa che sia assolutamente aliena al suo modo di pensare, modellato dall’esperienza del mondo che le è accessibile. In se condo luogo perché ognuno di noi, anche quando si sforza di raccontare un fatto in modo obiettivo, non riesce a riprodurlo fotograficamente, ma involontariamente lo interpreta.

Il rapporto tra mondo finzionalemondo di riferimento (cioè espe ribile) è condizionato biologicamente, storicamente e socialmente. Si può dire che si tratta di un rapporto parassitarioselettivo, perché il mondo fin zionale si basa sul mondo esperibile, ne accoglie implicitamente dati e leggi fondamentali, per variare solo alcuni accadimenti, personaggi, luo ghi, che sono, appunto, inventati.

Un modo di studiare criticamente un testo letterario potrebbe ap punto consistere nel lavorare su questo rapporto.

Riveste a questo proposito un ruolo importante l’intenzione dell’au tore. Perché, per assurdo, un testo A, redatto nell’epoca B con finalità C può, se letto in un tempo X, ottenere risultati Y differenti da quelli origi nari. All’estremo un romanzo veristico o realistico, se tradotto su un altro pia neta e letto da forme di vita diverse dalla nostra potrebbe avere l’ef fetto di un romanzo di fantascienza.

Ma d’altro canto è vero che un bestiario medievale resta enciclo pe dia (ossia testo funzionale, non finzionale) anche se parla di grifoni e di fenici, perché sia l’autore che il lettore originario credono realmente nell’esistenza di tali esseri.

Se il mondo finzionale del testo è selettivo, ciò significa che ogni dettaglio è significante, anche la descrizione apparentemente più ovvia.

CRITICO                COSA                 COME

E.M Forster           story                      plot

formalisti russi            fabula                    sjuzet

E. Lämmert                Geschichte             Fabel

K. Stierle                  Geschehen            Geschichte

T. Todorov                histoire                discours

Eco/Segre                  fabula                  intreccio

3. Strutture del racconto

a. tempo e spazio

Dal punto di vista della temporalità del racconto Gérard Genette in dividua nell’intreccio due tipi di anacronie (distorsioni temporali): l’ana lessi (flash-back) e la prolessi o anticipazione. Già gli antichi distingue vano l’ordo naturalis dall’ordo artificialis.

b. contenuto

Il contenuto di una frase è il suo significato. Questo si esplicita per mezzo del cotesto (corrispettivo per i testi letterari del contesto per i testi parlati).

Rientrano nel co-testo presupposizioni, implicazioni, chiarimenti (cioé ri duzioni di possibilità alternative) e in genere l’enciclopedia.

L’insieme dei contenuti può essere diviso in motivi (termine usato dagli studiosi ottocenteschi per indicare l’unità minima d’informazione). Bachtin definisce i motivi tipici cronotipi. Tomasevskij distingue tra motivi liberi (che si possono eliminare senza danneggiare l’intreccio) e motivi legati (fondamentali): la fabula consiste solo di questi ultimi (Barthes li definisce nuclei). Altra differenziazione è tra motivi dinamici e statici.

Altri preferiscono parlare di azioni (ognuna ha un agente, un pa ziente, uno scopo, un tempo ecc.).

Fabula è l’insieme dei motivi nel loro rapporto logico causale e tem po rale, intreccio è l’insieme degli stessi motivi nella successione e nel rap porto in cui sono presentati dal testo.

L’intreccio può essere costruito a gradini: lenta progressione di vi cende sudivise in diversi filoni narrativi, con effetti di suspence.

La legge del ritardo o rallentamento è artificio fondamentale della narra zione, che si conclude normalmente con l’agnizione.

Si può avere una struttura a cornice (es. Decameron), in cui i diversi epi sodi non sono collegati dall’unità dei personaggi; oppure a schidionata o infilzamento, in cui diversi filoni del racconto hanno lo stesso protago ni sta.

Il procedimento a parallelo serve a collegare i personaggi in rapporti di affinità o di opposizione.

c. tecniche della rappresentazione: prospettiva e distanza

Organizzazione interna di un testo: un modello di narrazione do vrebbe comprendere: esposizione ed eventualmente antefatto (ma l’e sposizione può essere differita), svolgimento, nodo e scioglimento.

Perspettività:

I) narratore presente come personaggio nell’azione (intradiegetico)

a) racconta la sua storia dall’esterno (extradiegetico) der erinnernde Ich-Erzähler

b) oppure è testimone della storia der Augenzeugenerzähler

II) narratore assente (eterodiegetico)

a) onnisciente oppure  der auktoriale, allwissende Erzähler

b) racconta dall’esterno der Er-Erzähler

Il narratore onnisciente può essere anche ‘etico’ (dà giudizi sui per sonaggi (“il povero vecchio” ecc.); in questo caso si può parlare di fun zione ideo logica vera e propria, altre volte l’intervento del narratore on nisciente è soltanto esplicativo, non commenta, ma spiega.

Focalizzazione zero: non assume mai la prospettiva dei personaggi

Focalizzazione interna (fissa, multipla, variabile): la prospettiva è quella di uno o più personaggi

Focalizzazione esterna: il narratore mostra di non conoscere pensieri e sentimenti dei personaggi (Genette).

Secondo Seymour Chatman (1928) bisogna distinguere, dal lato del l’emit tente, tra autore vero e proprio, autore implicito e narratore, dal lato del ricevente tra pubblico reale, pubblico implicito e narratario.

Autore     Autore       narratore     narratario    Lettore         Lettore

reale       implicito                                         implicito       reale

Il lettore implicito è il pubblico presupposto. Al narratore corri sponde il narratario, rappresentato da un personaggio o semplicemente virtuale.

Altri si accontentano di distinguere tra lettore reale, lettore virtuale (medio-tipico), ipotizzato dall’autore secondo determinate attese, cate gorie di gusto ecc., e lettore modello o ideale, come ipostasi della perfetta comprensione del testo nella complessità del messaggio. Ne consegue che il testo letterario ha più livelli di decifrazione: quello ‘aperto’ e potenzial mente indefinito delle letture empiriche, soggette a variazioni temporali e ambientali, il livello sociologicamente determinato del lettore virtuale.

Tecniche della rappresentazione: voce

soliloquio, monologo interiore, pensiero diretto libero, flusso di co scienza)

d. Personaggi: ritratto (consonanza tra presentazione iniziale, deno mina zione e funzione: es. Don Abbondio), ruolo, relazioni e funzioni; presen tazione del personaggio.

Nel modello classico il personaggio è presentato dall’esterno; auto presen tazione, eteropresentazione, mista.

I personaggi sono di solito collegati tra loro da interessi: i rapporti tra personaggi costituiscono una situazione. Es. situazione iniziale dei Promessi Sposi. La fabula è costituita dal passaggio da una situazione all’altra detto anche peripezia.

Lo scontro tra gruppi di personagggi è detto intrigo.

Tutto questo determina la tensione del racconto che aumenta man mano che ci si avvicina al momento del capovolgimento cruciale (“Spannung”) (terminologia dei formalisti russi: Boris Tomasevskij, Vladimir Sklovskij).

Vladimir J. Propp individua funzioni (cioè operati di personaggi dal punto di vista del loro significato per lo svolgimento della vicenda).

Claude Bremond individua fasi (iniziale, modificazione, restaura zione) e distingue i personaggi in pazienti ed agenti. Ci sono agenti volon tari ed in volontari.

4. La lettura:

Ogni lettura è interpretazione, ma è interpretazione storicizzata per ché, mentre l’emittente utilizza i codici epocali a sua disposizione, il rice vente analizza il testo in base ai suoi, che non sempre coincidono con quelli.

La storia condiziona duplicemente il testo letterario: come contenuto sto rico e come storicità dei codici.

Si può parlare di lettura, interpretazione, fruizione, esegesi del testo.

Il testo letterario offre solo una base per la recezione da parte del lettore, non prevarica mai sulla sua capacità immaginativa, non esaurisce mai il messaggio in modo univoco e completo. Per questo può continuare ad avere effetto su lettori diversi per gusti e per condizionamenti epocali.

ambiguità del testo: gli spazi vuoti;

orizzonte d’attesa del destinatario; la funzione destabilizzante del te sto letterario rispetto ai testi funzionali (es: manuale tecnico)

enciclopedia del testo, enciclopedia del destinatario

repertorio del testo: il bagaglio di conoscenze che già condivide con il lettore (norme storiche e sociali, allusioni o riferimenti intertestuali).

Lettore ideale e convenzioni letterarie come mezzi di orientamento del te sto.

5. Coordinate: romanzo, novella, racconto

4.1. L’antico francese “romanz” indicava dapprima la lingua volgare, au toc tona in contrapposizione al latino e al tedesco; in seguito il termine fu appli cato ai poemi in versi e in prosa, solo nel  1659 il vocabolo “romant” fu riferito a un genere letterario, con l’intento di indicare qualcosa che stava all’opposto del ‘vero’, del ‘razionale’ e dello sperimentabile. Il voca bolo “Roman” fu preso a prestito in tedesco solo nel  1664.

Oggi per “romanzo” si intende un racconto in prosa, abbastanza lungo, e che mostra il destino di un individuo o di più individui.  Importanti segni di stintivi di questo genere letterario sono:

a. la durata della vicenda narrata: normalmente si narra la vita del prota go nista o la parte più significativa di questa. Un genere particolare del romanzo è, sotto questo aspetto, il ‘Entwicklungsroman’ (romanzo di svi luppo) o ‘Bildungsroman’ (romanzo di formazione).  Fr. von Blanckenburg (Versuch über den Roman, 1774) sostiene che obiettivo del romanzo non è rappresentare le cir costanze esterne, ma la “innere Geschichte” (storia in tima) del protagonista, po nendo così le basi teoriche per un tipo di ro manzo psicologico, di tipo bio gra fico. Era implicita l’opposizione di princi pio contro il romanzo eroico e statale del Seicento. La differenza tra dramma e romanzo consisterebbe appunto nel fatto che il primo mostra dei carat teri già compiuti, il secondo dei caratteri in formazione. Ma non solo il pro tagonista deve “formarsi’, anche il lettore deve venirne “formato”, ossia educato (scopo pedagogico del romanzo). Fu però Karl Morgenstern (Über das Wesen des Bildungsromans, 1819) a coniare il termine “Bildungsroman” come sinonimo di “romanzo filosofico”: egli spostò l’atten zione dal prota gonista all’autore, sostenendo che questi ci trasmette per mezzo del ro manzo “die Geschichte seiner eignen Bildung und Vollendung”. Hegel, nell’ Estetica,  assegna al romanzo (“moderna epopea bor ghese”) il compito di svelare il “conflitto tra poesia del cuore e prosa dei rap porti” (sociali).

b. l’ampiezza dello sfondo: la vita, l’evoluzione del protagonista si staglia su di uno sfondo storico e sociale; a seconda dello sfondo si può individuare un romanzo d’attualità (“Zeitroman”), un romanzo storico o un romanzo fanta stico. Questi sotto tipi di romanzo vanno però intesi come schematizzazioni teoriche poiché spesso i romanzi non si lasciano incasel lare in questa o quella categoria.

c. la finzionalità delle vicende narrate: già Isidoro di Siviglia (VI-VII sec.) distingueva tra “res factae” e “res fictae”, tra avvenimenti realmente accaduti e avvenimenti solo raccontati, inventati: i primi sarebbero oggetto della storiografia, i secondi della letteratura.

La letteratura in genere e il romanzo in specie si nutrono di finzionalità, anche quando rielaborano elementi tratti dalla vita reale e dalla storia. La finzione letteraria si rapporta al mondo esperibile in modo parassitario e selettivo.

d. la struttura, ossia l’ordine e il modo in cui gli avvenimenti narrati sono presentati, le suddivisioni interne, i parallelismi di certi motivi. Si distingue tra struttura chiusa o tettonica e aperta o atettonica, caratteristica soprattutto del romanzo moderno. Lukács distingueva Epos e Roman in base alle culture in cui questi generi fiorivano: in una cultura chiusa, aproblematica fiorirebbe l’epica, in una aperta e problematica come quella mo derna il romanzo.

e. la prospettiva della narrazione (in prima o in terza persona) e la posi zione del narratore.

4.2. Novella e racconto

I confini tra novella e racconto sono labili.

La nascita della novella come genere letterario è collegata all’affermarsi della borghesia negli Stati italiani rinascimentali. Con il Decamerone (1349-53) di Boccaccio la novella raggiunge il suo primo momento di culmina zione. Nella novella rinasci mentale predomina il carattere societario, l’inte resse per la no vità (da qui il termine novella), il fulcro è dato da un avve nimento nuovo e sorpren dente.

La novella tedesca fu fondata da Goethe con il ciclo Unterhaltungen deut scher Ausgewanderten (1795: sei novelle) che riprende nella struttura il Decamerone di Boccaccio. Goethe definì la novella come una “sich erei gnete, unerhörte Begebenheit” (a Eckermann, 1827).

Tale strutturazione ciclica di novelle è tipica del XIX secolo, a proposito della qu ale si coniarono i termini di “Rahmennovellen” e “Binnennovellen”.

Il Romanticismo arricchì il genere con inserti lirici ed elementi fantastici. al tri impulsi importanti vennero da Kleist, Büchner und Annette von Droste-Hülshoff .

Le novelle di Kleist (1808-11) si organizzano attorno a un grave conflitto morale (Die Marquise von O.Die Verlobung in St. Domingo), giuridico (Der Zweikampf) o sociale (Michael Kohlhaas), sono caratterizzate da una concentra zione di tipo drammatico, da una ca ratterizzazione semplice e chiara dei per sonaggi e da un’azione sobria, senza digressioni.

Nella novella Die Judenbuche (1842) di A. von Droste-Hülshoff, il destino del protagonista risulta, per la prima volta nella letteratura tedesca, condizionato unicamente dai rapporti sociali.

La novella tedesca subì notevoli cambiamenti nell’ultimo trentennio del XIX sec., quando la concentrazione su un unico individuo ne modificò la struttura: l’avvenimento inaudito fu sostituito o motivato dagli avvenimenti psichici che determinavano il comportamento del protagonista, portandolo a una crisi (C.F. Meyer); i conflitti furono motivati in senso psicologico-so ciale (Th. Storm). Il punto di vista fino ad allora predominante, la narra zione autoriale, fu sostituito da ottiche parziali, talvolta giustificate da strutturazioni a cornice come nello Schimmelreiter (1888) di Storm.

Fu proprio Storm a dare il massimo contributo teorico al genere novellistico dopo Goethe e i romantici (A.W. Schlegel, F. Schlegel, L. Tieck): la novella sarebbe sorella del dramma e quindi il genere più sobrio (streng) di poesia in prosa; essa esige un conflitto centrale, attorno al quale si organizza tutto il resto, da qui la struttura chiusa e l’eliminazione di tutto quanto è superfluo.

La potenzialità espressiva della novella deriva proprio dalla tensione interna, dalla limitatezza temporale e locale di un unico avvenimento straordinario e delle sue implicazioni sociali.

Proprio a causa della rigidità con cui è costruito il conflitto centrale la novella lascia spesso intravedere diverse fasi spesso marcate da chiari punti di svolta: una fase iniziale con funzione introduttiva e preparatoria, poi lo svil uppo graduale del conflitto e infine la fase finale con la soluzione di esso.

4.3.

l termine “racconto” non viene usato univocamente né dagli autori né dalla critica; le particolarità costitutive del racconto sono più difficili da individuare che nella novella. Una caratteristica potrebbe consistere nella libertà di modificare e aggiungere quasi all’infinito elementi accessori a un fatto straordinario che sta al centro del racconto.  L’unità del racconto è data da un repertorio limitato di personaggi e luoghi: il romanzo chiarisce i rapporti tra più fatti e personaggi, il racconto si occupa di un unico fatto e di pochi personaggi. Anche dal punto di vista strutturale e compositivo il racconto è più libero della novella, offre maggiori possibilità di interruzioni narrative, riflessioni e descrizioni accessorie o di focalizzare un avveni mento in ottiche diverse.

Per ampliare ulteriormente lo sfondo alcuni autori raccolgono più racconti in cicli, tenuti insieme da corrispondenze tematiche o dagli stessi personaggi.

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