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Letteratura italiana

Letteratura Italiana Contemporanea

Docente: De Nicola

lunedì 19 febbraio 2001

  • Letteratura: produzione scritta che non ha funzioni pratiche
  • Contemporanea: (da non confondere con “moderna”) significa “del nostro secolo” (il ‘900). Si considera dall’unità d’Italia, quando si comincia ad affrontare il problema della lingua.

Fino all’inizio dell’800 la letteratura italiana era “virtuale”, perché era scritta in toscano ed era comprensibile da un’esigua minoranza (letteratura aristocratica minoritaria).

Dopo l’unità (1861) si usa una lingua “dell’uso” (popolare). I primi frutti di questa politica “scolastica” si avranno negli anni 80 dell’800.

In Italia mancava la tradizione del romanzo, che nasce nella seconda metà dell’800, con i romanzi di tipo storico, per sollecitare una coscienza nazionale che non esisteva.

C’è un legame molto forte con la tradizione che rischia di dare luogo al fenomeno del “petrarchismo”, vale a dire usare gli argomenti ed i vocaboli che usò il Petrarca. La tradizione letteraria italiana si rifà al medioevo, il quale si rifà al latino, che a sua volta si rifà al greco. La frattura che determina un cambiamento è la rivoluzione industriale. Con il romanticismo, gli scrittori si aprono alle altre culture, avviando una grande trasformazione, rendendo la letteratura italiana partecipe alla cultura europea.

Nell’800 si prende come riferimento Leopardi, con il suo raccontare la quotidianità (tono domestico), più facile da accettare dal popolo.

martedì 20 febbraio 2001

Al classicismo si contrappone, nel Nord – Europa, il romanticismo, più innovativo. La tradizione culturale italiana, fino all’inizio dell’800, è sempre stata rivolta a se stessa. Con il romanticismo, gli scrittori si confrontano con altre culture. La conseguenza pratica è un rifiuto progressivo della retorica.

  • Retorica: l’arte del persuadere, centrale nella letteratura tradizionale. Gli scrittori classici scrivono per insegnare (funzione didascalica).

Gli scrittori romantici scrivono per trasmettere emozioni e per avvicinarsi alla realtà.

In Italia, nella seconda metà dell’800, prende campo la poesia simbolista francese (Boudelaire, Verlaine, Rimbaud) che si riferisce al metodo naturale.

Nonostante il cambiamento fino all’inizio del ‘900 il poeta italiano più diffuso è quello classico (Carducci).

Carducci “Congedo”

Carducci opera nella seconda metà dell’800. Ebbe una formazione classica. Studia presso gli Scolopi. Avevano una forte radice classica (le lezioni si svolgevano in latino). Gli Scolopi però avevano una forte sensibilità politica per l’unità d’Italia.

Con questa formazione Carducci non può che disprezzare il romanticismo e il Manzoni. E’ definito il poeta della Nuova Italia, preso ad esempio dell’unità. In effetti, Carducci è ricco di retorica.

“Congedo” è composta tra il ’73 ed il ’87.

mercoledì 21 febbraio 2001

La poesia del Pascoli è attenta al particolare. Ciò determina un’espressività nuova e colorita, ma essenziale (poesia breve) e antiletteraria (scelta del lessico). Le immagini e le impressioni di Pascoli sono sempre meno discorso organico, sono spezzate, pur avendo un senso. In questo modo la poesia si avvicina sempre più alla prosa.

Il gradino successivo verso la poesia del ‘900 la compiono i poeti crepuscolari: essi volgono l’attenzione alle cose piccole, quotidiane, povere; danno risalto al particolare realistico; il linguaggio è quello parlato, basso e domestico. I crepuscolari sono l’antitesi di D’Annunzio.

Spesso è presente l’immagine dell’ombra, le poesie si svolgono spesso la domenica sera, d’autunno, e si esprime una chiusura in se stessi (cerchio delle esperienze minime).

Marino Moretti “A Cesena”

La raccolta più importante s’intitola “Poesie scritte con il lapis”: significa che ciò che si scrive non è eterno e può essere cancellato.

Cesena è una città come molte altre, senza una particolare storia e identità. La pioggia è un simbolo d’uggia e noia. È mercoledì, un giorno qualsiasi, in primavera.

Il primo verbo è essere, che esprime una trascuratezza lessicale. Il Borgo è grigio (connotazione di tristezza). Lo stato d’animo del poeta è triste.

C’è una finzione nello sguardo della sorella, che cerca di esprimere una felicità coniugale che non esiste. “Dabbene” è la persona apparentemente inserita nelle conversazioni.

L’”ombra grigiastra” è il mondo borghese – provinciale che esclude la passione e che vive di ciò che è più formale.

Gozzano “L’Amica di Nonna Speranza”

In Gozzano il volgersi al passato è arricchito da un elemento nuovo: l’ironia. Con Gozzano la poesia assume sempre più la veste di prosa. Per lui si è coniata la definizione di “narratore in versi”. In realtà si trovano rime e metriche, anche se camuffate.

Il tema è quello del tempo. Gozzano trova una vecchia foto di famiglia. La foto, ai tempi, era un oggetto nuovo. Il lessico è ricco di voci dotte e colte, ma per essere respinte. Il tono è conversevole e diretto, per dare il senso di una scena che viene presentata. Alcuni aggettivi sono correlati al tempo della foto, e non all’epoca in cui è stata scritta la poesia.

lunedì 26 febbraio 2001

Saba

Anche per lui il quotidiano entra nella poesia, ma senza quell’elemento ironico di Gozzano. Ha la caratteristica della semplicità. La sua poesia si avvicina alla prosa. Le immagini hanno una capacità evocativa.

Saba nasce nel 1883 a Trieste, città di commerci e crogiolo di razze e culture. Nasce da madre ebrea e padre ariano, con conseguenze sulla sua educazione.

Trieste è una periferia culturale. Infatti, i principali rinnovamenti della letteratura italiana nascono nelle periferie. Le influenze straniere hanno il compito di rinnovare la letteratura italiana.

I modelli di Saba sono Carducci e D’Annunzio. Ma presto si accorge che questi modelli sono vuoti, li avverte falsi. Nel brano in prosa “La Poesia Onesta”, esprime il dissenso nei confronti della poesia dannunziana, ritenendola falsa, d’apparenza, senza sostanza. Per Saba la letteratura è un fatto etico, basato su un principio morale, onesto.

Con Saba, e poi anche con Svevo, avvertiamo il problema della lingua, poiché vivevano in un ambiente non italofono. Per Saba, l’italiano è quello dei libri, e quindi un po’ antiquato, non una lingua parlata.

  • Lenocinio: abbellimento formale (“magione” invece di “casa”)

Per Saba la poesia serve ad avvicinarsi alla verità, e quindi deve essere svincolata da ogni bisogno materiale, non deve essere una professione.

“Amori” 1945-46 dalla raccolta “mediterranee”

L’aspetto formale (metrica, rima) è poco curato. Per Saba la poesia è un lungo racconto autobiografico, che parla del quotidiano. Di volta in volta le poesie vengono raccolte in quello che lui chiama il suo “Canzoniere”. IN questa raccolta tutto si collega. Può essere letto come un romanzo.

“La Capra” 1911 (gli stessi anni di Gozzano e Moretti) dalla raccolta “Casa e Campagna”

La metrica è poco curata. Ci sono alcune rime ma poco forti. È evidente l’autobiografia (soggetto alla prima persona). La capra, il prato, la solitudine: quadro essenziale. Il tema della solitudine e del lamento è ripreso più volte. È già forte il senso dell’”ebreo diverso” (la madre di Saba era ebrea). La capra che si lamenta, sola ma sazia, legata, rappresenta l’impossibilità di realizzare se stessi.

“Trieste” 1912 da “Trieste e una donna”

Anche qui la metrica e la rima sono deboli. All’inizio c’è sempre la prima persona (esperienza personale dell’autore). Ritorna il motivo della solitudine (… in là deserta…). Il muricciolo ed il cantuccio esprimono il senso di protezione (ma anche di solitudine). “Scopro ogni chiesa…”: esigenza della poesia di ricercare, di svelare. Viene espressa l’indole del poeta all’allontanarsi dalla città.

“Città Vecchia”

Saba è uno dei primi ad affrontare il tema della città. Descrive un quartiere di Trieste, la parte italiana. Ci sono vocaboli (come pozzanghera) che non hanno nulla di poetico, ma entrano in ogni modo nella poesia, per dare il senso della vita. Nel caos della città Saba ritrova l’infinito, la grandezza della vita. I personaggi della poesia sono sintesi dell’umanità, riassunto di grandezza e di miseria. Esprime il senso di voler condividere la sua vita con chi vive nella città.

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