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Geografia

Pensiero geografico nell’età moderna

Nel ‘500 si rivelano due figure: Bodè e Bottero. Non sono geografi, sono uomini di stato che scrivono opere non dichiarate di geografia che hanno un fine politico pur adottando un metodo geografico.

Questo tipo di discorso continua per tutto il ‘600 e ‘700. Vauban, da parte degli studiosi del pensiero geografico, viene considerato il padre della pianificazione geografica; si occupa di fenomeni territoriali applicati. In tutto il ‘600 e ‘700 la parola geografo non assume il significato odierno, ma coincide con la parola topografo o cartografo. Quindi ai tempi il geografo è colui che si occupa della rappresentazione grafica. La geografia nei secoli VI – VII – VIII è una disciplina mescolata con l’economia politica e con la statistica (nel significato dei tempi: disciplina che studia gli Stati).

Gli scritti di geografia come noi li consideriamo oggi li troviamo in opere che si occupano di problemi politici, questo fino alla prima metà dell’800.

La formazione scientifica della geografia avviene nella seconda metà dell’800 per effetto dell’illuminismo (‘700) e delle correnti filosofiche di pensiero positivista (‘800). L’illuminismo incide per la diffusione della classificazione. Con il positivismo le scienze sociali si scindono e prendono vita la sociologia, l’etnologia, l’economia politica e la geografia umana (antropogeografia).

Sotto l’influsso del positivismo prende corpo l’antropogeografia la quale assume un aspetto sistematico datole da Federico Ratzel. La scuola geografica tedesca è una della scuole geografiche più antiche. Già nel ‘700 Von Humboldt aveva una cattedra di geografia all’Università di Berlino; aveva un’interpretazione classica (viaggi, appunti, relazioni). Un suo discepolo, Ritter, lo seguì sulla cattedra e aveva un’impostazione che privilegiava l’ambiente naturale. Ritter cerca di dare un’impostazione diversa alla geografia, mettendo l’ambiente umano su un piano più importante, insistendo sul rapporto natura / storia. Ma Ritter non riesce a proporre un metodo sul come studiare questo rapporto.

Nella seconda metà dell’800 Ratzel è il terzo cattedratico dell’Università di Berlino, e pubblica un’opera antropogeografica in cui il rapporto uomo / natura viene proposto come un rapporto di causa / effetto da analizzare secondo un metodo scientifico; il limite di questa teoria sta nel fatto che la distribuzione spaziale dei fatti umani viene sempre considerata come effetto mentre le cause sono sempre di natura fisica (relazioni verticali). L’operato di Ratzel viene definito come orientamento deterministico – ambientale, e viene considerato il fondatore di questo indirizzo. L’orientamento di Ratzel continua per tutta la seconda metà dell’800, fino ai primi anni del ‘900, periodo in cui anche in Francia incomincia a prendere corpo un’importante scuola di geografia umana: la Scuola della Sorbonne (Parigi) che ha come portavoce Vudane De La Blache. Egli modifica il pensiero di Ratzel e imposta una nuova corrente di pensiero: il possibilismo. Blache afferma che il pensiero di Ratzel è incompleto, ma non errato. Blache dice che è vero che la distribuzione spaziale dei fatti umani può dipendere da fatti fisico – ambientali, ma è anche vero che spesso dipende dall’organizzazione sociale dell’uomo.

Secondo Blache quando si spiegano le distribuzioni spaziali delle attività umane non si può far dipendere questo solo da cause ambientali. Altra contestazione è che la storia dimostra che l’uomo è in grado di modificare i condizionamenti maturali (es.: Olanda). Con Blache il rapporto natura / uomo si trasforma in una relazione biunivoca. La scuola di Blache, parallelamente a quella di storia, fonda la scuola delle “Annales”. Con questa scuola i temi maggiormente sviluppati sono lo studio dei generi (stili) di vita dell’uomo e lo studio del paesaggio (da non confondere con panorama) umanizzato (visto come prodotto dell’uomo). Il paesaggio non è altro che l’insieme delle fattezze sensibili che caratterizzano un determinato territorio e che permettono di distinguerlo da altri territori. Con la distinzione dei diversi tipi di paesaggi è possibile identificare diverse regioni.

Dal possibilismo si passa al funzionalismo, corrente di pensiero derivata dal possibilismo, perché accentua le funzioni (il ruolo) svolto da un determinato territorio (vocazioni territoriali). Il funzionalismo si sviluppa a partire dagli anni ’30 del ‘900 e prende campo in tutta Europa e anche al di fuori. Quindi le regioni non vengono più definite sulla base di limiti convenzionali bensì sulla base delle funzioni, cioè del ruolo svolto dal territorio.

A partire dagli anni ’60 e ’70 si assiste ad un fenomeno chiamato rivoluzione quantitativa, la quale consiste nella “moda” di teorizzare i fenomeni geografici, costituendo, dove possibile, teorie e modelli. Questi modelli portano ad una concezione sistematica del territorio, che significa che il territorio viene considerato come un sistema, e cioè come un qualche cosa formato da varie strutture in relazione tra loro. Contemporaneamente si sviluppa, in psicologia, lo strutturalismo che influenza tutti i pensieri di tutte le scienze. Per cui il territorio viene visto come un insieme di elementi in relazione tra loro. All’interno di una regione si hanno relazioni infrasistemiche e relazioni intersistemiche. Quindi una regione è un sistema territoriale aperto, caratterizzato anche da relazioni con altre regioni.

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